Il club della bicicletta
E’ in corso questa mattina nell’ambito del MobilityTech, il PRIMO CONVEGNO NAZIONALE DEL CLUB DELLE CITTA’ DEL BIKE SHARING.
Siamo sempre stati un po’ scettici rispetto al bike sharing in salsa italiana e la nascita del CLUB DELLE CITTA’ DEL BIKE SHARING, annunciata da tempo su varie testate (in verità con molti copia e incolla), non fuga le perplessità.
A proposito, se volete tutte le informazioni sul neonato club, le trovate sul sito di Euromobility
Ma al di là del fatto in sé, ci chiediamo ingenuamente: ma non esiste già una rete delle città ciclabili? Perché creare un ulteriore organismo?
La bicicletta ha bisogno, a nostro parere, di ricomposizione mica del proliferare di scatole più o meno vuote.
Di questo passo c’è il rischio di creare le città amiche delle bici elettriche, quelle delle bici pieghevoli, quelle dei freni a contropedale e quelle delle luci a led.
In ogni caso auguriamo al Club delle Città del Bike Sharing lungo vita e tanta attività.
Supponiamo infatti che tra le prime cose che farà sarà di fornirci i dati della situazione italiana cominciando magari dalle città che hanno promosso l’iniziativa.
Sarebbe interessante avere dati quantitativi (quante bici?), ripartiti per sistemi adottati (c’entro in bici http://www.centroinbici.it/ , bici in città http://www.bicincitta.com/ o altro) ma soprattutto quanto costa alla collettività ogni bicicletta messa a disposizione e in che misura vengono utilizzate queste bici dai cittadini.
Mica per tagliare i già risicati budget destinati alla mobilità in bicicletta, ma per usarli magari in modo più efficace.
Sapete perchè siamo così curiosi? Perché a Bologna c’è il sistema C’entro in bici che funziona con la chiave che ti viene consegnata dietro cauzione di 10 euro. Ebbene ci sono quasi 2.000 chiavi in circolazione (che fa 20.000 euro di deposito: chissà come viene utilizzato) e un parco bici portato solo recentemente da 68 a 150 unità.
Uno penserebbe che c’è un bel contendersele queste biciclette ogni mattina e invece no.
Gli stalli sono quasi sempre tutti pieni (a volte addirittura impolverati). Certo non le rubano, ma neppure le usano, ci sembra.
E questo vorrà pur dire qualcosa?
Il primo potrebbe essere interessante per i pendolari come me ad esempio e mi eviterebbe la spesa dell’abbonamento alla bici e il disagio del suo trasporto su e giù per treni e stazioni prive di scivoli. (eccola un’altra nefandezza!)
Il secondo sistema invece sarebbe utile per spostamenti estemporanei, ma necessiterebbe, per avere senso, di un alto numero di postazioni.
Il problema che mi sembra non venga affrontato è quello della QUALITA’ e DEL GRADIMENTO di queste biciclette (come delle piste ciclabili del resto). Biciclette cosi’ pesanti e scomode (la sella non si tira su più di tanto ad esempio) sono un invito a non usarle.
Io che le usate (quelle di Bologna) posso dirvi che non mi sognerei mai di usarle ogni giorno anche per tragitti brevi coma quello dalla stazione di Bologna all’Ospedale maggiore.
Senza qualità, chi va in bici correntemente non lascerà mai la sua bici e chi non va in bici, si farà un’idea talmente “faticosa” della bicicletta da farlo desistere per sempre dall’idea di utilizzarla al posto dell’auto o dello scooter.
Quest’ultimo discorso vale anche per le bici usate, ma in pessime condizioni, comprate per non essere appetibili dai ladri.
In ogni caso, questo del gradimento (che va misurato) credo sia solo uno dei problemi del bike sharing italiano…
Infine come fa notare Wagner c’e’ anche il problema del possibile furto della bicicletta e dell’ammenda comminata a titolo di risarcimento.
Un problema, credo purtroppo, in parte risolto dallo scarso “appeal” delle biciclette. Evidentemente anche i ladri si sono accorti che non hanno mercato.
Il primo potrebbe essere interessante per i pendolari come me ad esempio e mi eviterebbe la spesa dell’abbonamento alla bici e il disagio del suo trasporto su e giù per treni e stazioni prive di scivoli. (eccola un’altra nefandezza!)
Il secondo sistema invece sarebbe utile per spostamenti estemporanei, ma necessiterebbe, per avere senso, di un alto numero di postazioni.
Il problema che mi sembra non venga affrontato è quello della QUALITA’ e DEL GRADIMENTO di queste biciclette (come delle piste ciclabili del resto). Biciclette cosi’ pesanti e scomode (la sella non si tira su più di tanto ad esempio) sono un invito a non usarle.
Io che le usate (quelle di Bologna) posso dirvi che non mi sognerei mai di usarle ogni giorno anche per tragitti brevi coma quello dalla stazione di Bologna all’Ospedale maggiore.
Senza qualità, chi va in bici correntemente non lascerà mai la sua bici e chi non va in bici, si farà un’idea talmente “faticosa” della bicicletta da farlo desistere per sempre dall’idea di utilizzarla al posto dell’auto o dello scooter.
Quest’ultimo discorso vale anche per le bici usate, ma in pessime condizioni, comprate per non essere appetibili dai ladri.
In ogni caso, questo del gradimento (che va misurato) credo sia solo uno dei problemi del bike sharing italiano…
Infine come fa notare Wagner c’e’ anche il problema del possibile furto della bicicletta e dell’ammenda comminata a titolo di risarcimento.
Un problema, credo purtroppo, in parte risolto dallo scarso “appeal” delle biciclette. Evidentemente anche i ladri si sono accorti che non hanno mercato.
Il sistema c’entro in bici è basato sul possesso di una chiave che resta bloccata nello stallo quando si preleva il mezzo e che impone quindi di riportare il mezzo nello stesso posto in cui si è preso se si vuole riavere indietro la propria chiave.
Questo sistema impedisce di fare percorsi di sola andata e quindi di lasciare la bici in uno stallo diverso da quello di partenza, il che consente alle amministrazioni di risparmiare sul servizio di pulmini che a Parigi per esempio ricaricano gli stalli vuoti con le bici recuperate in quelli troppo pieni (lì il servizio però è gestito da un privato senza costi per l’amministrazione).
Il siatema C’entro in bici risulta utile quindi solo a “stranieri” che arrivano in città e vogliono farsi un giretto (per lavoro o diporto poco importa).
Io la chiave ce l’ho da un bel po’ ma le bici le ho usate (con profitto) credo in tutto tre volte, una volta scendendo dal treno e prendendo una delle bici di Modena e un’altra volta a Piacenza (stessa sequenza: arrivo in treno prendo la bici vado alla riunione torno alla stazione recupero la chiave e riprendo il treno per tornare a Bologna). Una volta che volevo usarla a Reggio ho scoperto con fastidio che lì c’è un sistema diverso, più costoso e secondo me sostanzialmente stupido, e me ne sono andato a piedi. Divertente il fatto che la chiave si può usare in qualsiasi città italiana che adotta il sistema, anche fuori regione, io infatti l’ultima volta che l’ho usata (giugno scorso) ci ho fatto un giretto a Trento in centro la sera.
E’ chiaro che con i limiti che ha C’entro in bici la collocazione delle rastrelliere è strategica così come è strategica la presenza di segnali e pannelli informativi che nelle stazioni spieghino 1) dove sono le bici 2) come procurarsi una chiave se uno non ce l’ha ancora. Tutto questo manca. Io non ho mai notato a Bologna Centrale segnaletica che mandi i passeggeri desiderosi di pedalare verso l’autostazione, dove si trovano sia le rastrelliere che lo sportello Atc che “vende” le chiavi. Quindi la stragrande maggioranza della gente che arriva a Bologna di questo servizio nemmeno si accorge. Molto gettonata invece, specie in estate, la megarastrelliera collocata vicino a Piazza Maggiore in via IV Novembre, dove c’è molto turismo e dove la chiave si può prendere all’ufficio Atc che sta proprio di frone alle rastrelliere. Qualche volta ho visto che le bici le avevano prese tutte e lì credo siano una ventina…
Dai miei contatti personali ho capito che alcuni comuni considerano questo sistema, proposto dalla regione, un po’ sottogamba mentre altri ci stanno più dietro, come a Modena. Una buona destinazione dei soldi di deposito potrebbe quindi essere, per Bologna, la cartellonistica per la zona stazione, Porta galliera, via Indipendenza… Chissà che lassù qualcuno non ci legga
Sono d’accordo con quello che ha scritto Vittorio qui sopra, il servizio sarebbe vermanete utile se fosse possibile prendere una bici per andare da una parte all’altra della città senza doversi sobbarcare l’onere del viaggio di ritorno; che a pensarci bene è il vero problema del possedere un mezzo di trasporto anzichè prenderlo a noleggio solo per il tempo necessario.
Aggiungo che il Regolamento prevede che in caso di furto della bicicletta l’utente debba corrispondere una ammenda di 150 Euro anche nel caso in cui la bici fosse legata con il cavo di sicurezza in dotazione. E poichè tutti sappiamo quanto è probabile a Bologna che ci rubino la bicicletta, chi è che utilizza una bici col rischio concreto di pagare 150 Euro se non la trova più (e per giunta l’obbligo di riportarla dove la si è presa) ?
Wagner