Queste bianche bici mi fanno pensare, come vorrei facessero pensare tutti.
So che qualcuno arriverà a fare i pensieri più altruistici, tipo:
“Se qui qualche ciclista è morto perché è stato investito, bisognerà che vada più piano”
Purtroppo penso bassa la percentuale di chi pensa ciò.
Temo piuttosto che dall’auto, chi con lo sguardo indugia sulle bianche forme, pensi:
“Se qui qualche ciclista è morto perché dovrei mettermi in bici anch’io ?”
Ci penso, a quelle bici bianche, non solo come ciclista.
Anche chi va in auto e in moto e a piedi è di carne ed ossa come me.
Allora per me meglio sarebbe segnare ogni posto in cui qualcuno ci ha lasciato, per via del traffico, con apposta la data, se era a piedi o che mezzo utilizzasse e quale sia stato il mezzo per cui non c’è più.
Correre deve il pensiero, se corri lui ti aspetta dove sei partito, dove lo hai lasciato.
Capisco il punto di vista di Marco, ma non sono del tutto d’accordo.
Bisognerebbe vedere queste ghost bike come un monumento ai caduti della strada, in particolare agli utenti deboli della strada. Un monumento a coloro che, per necessità o per scelta, hanno avuto, su questa terra, un passo lieve, hanno lasciato una piccola impronta ecologica perché hanno inquinato meno, consumato meno risorse in termini di territorio (si pensi solo a quanto territorio ci mangiamo per costruire parcheggi) e di carburante consentendo così alle future generazioni di averne a disposizione un po’ di più e non contribuendo, se non in misura più ridotta, allo sfruttamento delle popolazioni da cui proviene il petrolio.
Ecco, forse viste così le ghost bike potremmo concepirle veramente come un monumento a queste vittime.
Queste bianche bici mi fanno pensare, come vorrei facessero pensare tutti.
So che qualcuno arriverà a fare i pensieri più altruistici, tipo:
“Se qui qualche ciclista è morto perché è stato investito, bisognerà che vada più piano”
Purtroppo penso bassa la percentuale di chi pensa ciò.
Temo piuttosto che dall’auto, chi con lo sguardo indugia sulle bianche forme, pensi:
“Se qui qualche ciclista è morto perché dovrei mettermi in bici anch’io ?”
Ci penso, a quelle bici bianche, non solo come ciclista.
Anche chi va in auto e in moto e a piedi è di carne ed ossa come me.
Allora per me meglio sarebbe segnare ogni posto in cui qualcuno ci ha lasciato, per via del traffico, con apposta la data, se era a piedi o che mezzo utilizzasse e quale sia stato il mezzo per cui non c’è più.
Correre deve il pensiero, se corri lui ti aspetta dove sei partito, dove lo hai lasciato.
Capisco il punto di vista di Marco, ma non sono del tutto d’accordo.
Bisognerebbe vedere queste ghost bike come un monumento ai caduti della strada, in particolare agli utenti deboli della strada. Un monumento a coloro che, per necessità o per scelta, hanno avuto, su questa terra, un passo lieve, hanno lasciato una piccola impronta ecologica perché hanno inquinato meno, consumato meno risorse in termini di territorio (si pensi solo a quanto territorio ci mangiamo per costruire parcheggi) e di carburante consentendo così alle future generazioni di averne a disposizione un po’ di più e non contribuendo, se non in misura più ridotta, allo sfruttamento delle popolazioni da cui proviene il petrolio.
Ecco, forse viste così le ghost bike potremmo concepirle veramente come un monumento a queste vittime.
Giuseppe