Le Storie di chi racconta la Storia
Ieri si è concluso il 94° Giro d’Italia, storica kermesse del mondo a pedali, quest’anno funestato dalla tragica morte del giovane belga Wouter Weylandt. Ma questo è solo il pretesto, in odore di celebrazione finale, per scrivere degli storici cronisti del Giro, più cantastorie che giornalisti, protagonisti della Golden Age del ciclismo professionistico in Italia. Erano gli anni del dopoguerra, gli anni della rinascita socio-economica di una nazione in ginocchio. La voglia di riscatto era grande così come la voglia di sognare, di trovare eroi nuovi che suggerissero la possibilità di guardare avanti. E lontano. Erano gli anni di Coppi e Bartali, gli anni furenti dei “belgi volnati”, del Leone delle Fiandre (italianissimo) e dell’Angelo della Montagna (lussemburghese doc). Erano gli anni di “un uomo solo al comando, la sua maglia è bianco celeste”. Era il tempo dell’aneddotica quasi fantascientifica, delle storie corsare di uomini in divisa di lana che macinavano chilometri sulle strade bianche di certe mulattiere che erano dichiarate oggetto di anatema. Erano gli anni di certe voci che gracchiavano nell’etere queste storie, racconti che scuotevano la fantasia sonnolenta di remoti borghi di provincia così come la laboriosa disattenzione dei grandi centri urbani. Fiumi di inchostro, poi, per raccontare epici duelli a milioni di anni luce dall’occhio onniveggente della telecamera. Magari scaramucce appena accennate, che prendevano l’aura di autentiche battaglie navali fra uomini e i loro mezzi a pedali. Perchè, pensateci, ogni volta che ripensiamo a quelle (rare) immagini da cinegiornale, è la loro voce che la fa da padrone. Quel “gentili signore e signori, buongiorno” che entra nel romanzo popolare della nazione, parole pronunciate con una cortesia e quasi senza pretese da Adriano De Zan , danno la temperatura di altri uomini e di altri tempi. Qualcosa di quegli anni, che resta nella passione viscerale per la bicicletta, la ritroviamo tutte le volte nelle classiche “ali di folla” a bordo strada che aspettano e abbracciano i corridori da oltre 100 anni. E tutte le volte con la stessa dedizione, la stessa umanità, lo stesso specchio della realtà che cambia per ritrovarsi sempre uguale. Come per questo giro, dove il numero 108 ha corso più veloce di tutti, di mano in mano per le regioni del belpaese, dal maledetto Passo del Bocco in poi, per trovarsi al traguardo sempre in anticipo sul primo. Anche sullo spagnolo-razzo Contador. E per raccontare questo, per dare la dimensione di questo epico gioco della vita, servono persone che traducano il sibilo delle ruote e il clamore della folla; serve un occhio che sappia vedere, una bocca che sappia parlare ed una mano che sappia scriverne. Perchè le storie sono spesso silenziose, ma certe leggende sono cantate. E sono le storie di chi racconta la Storia.
Nella foto: Adone Carapezzi, Enrico Ameri, Nando Martellini, Sandro Ciotti, Sergio Zavoli, Nino Greco, Adriano De Zan ovvero Gli Aedi dell’Epoca d’Oro del Ciclismo.
Cristiano Dalianera