Riceviamo da
Paolo Galletti, il racconto di come nacque la legge quadro sulla mobilità ciclistica ovvero la
Legge 19 ottobre 1998, n. 366 conosciuta anche come “legge Galletti” . All’autore va il nostro doppio ringraziamento: per la legge fatta approvare a suo tempo e per averci consegnato questa memoria che ne ricorda i passaggi salienti, non solo politici ma anche emotivi.
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Nel corso della legislatura 1996-2001 ero deputato dei Verdi-L’ulivo, eletto nel collegio di Bologna San Lazzaro (n.16) nella quota maggioritaria. Ero anche, all’inizio della Legislatura responsabile trasporti della Federazione dei Verdi e componente della commissione Trasporti della Camera dei Deputati. Mi sarei dimesso da responsabile trasporti dei Verdi dopo l’approvazione del provvedimento che prevedeva la rottamazione delle auto. Successivamente avrei fatto parte della commissione affari sociali e di quella agricoltura. All’inizio della Legislatura mi ero trovato più volte a contestare e a contrastare anche con emendamenti in aula, e non solo in commissione, i lauti finanziamenti che il governo elargiva all’autotrasporto su gomma: avevo calcolato qualche migliaia di miliardi nel decennio. In seguito l’Unione Europea contesterà questi indebiti aiuti al trasporto su gomma. La mia condotta ostruzionistica in aula sia contro il governo che l’opposizione, entrambe a sostegno dei camionisti, portò ad un compromesso. Io avrei ritirato gli emendamenti (pur votando contro il provvedimento). In questo modo avrebbero giusto guadagnato tempo: i miei emendamenti venivano infatti sempre bocciati. In cambio però, la maggioranza avrebbe sostenuto la mia proposta di legge quadro per la mobilità ciclistica, già presentata e pronta per la discussione. [continua]
La proposta di Legge era stata costruita con il contributo di
Tullio Berlenghi, funzionario ciclista, preparato in materia del gruppo verde ed in collaborazione con gli amici della bicicletta (
FIAB che ancora conserva una dichiarazione di Galletti dell’epoca) Il testo si presentava innovativo: ogni nuova strada o manutenzione straordinaria prevedeva, salvo comprovati motivi di sicurezza, una pista o un percorso ciclabile. I finanziamenti non erano a pioggia ma commisurati ad un finanziamento locale e regionale, in modo da evitare di stanziare fondi poi non utilizzati. Si prevedeva una quota fissa delle multe ( il 20%) per la mobilità ciclistica. Devo dire che sia la maggioranza, con il capogruppo in commissione
Angelini e con il sottosegretario
Soriero, che vari esponenti della opposizione si impegnarono per approvare la legge prima in commissione trasporti poi in aula alla Camera. Determinante fu l’aiuto del funzionario responsabile della commissione dott.
Franconi. Il presidente
Prodi, noto ciclista, veniva costantemente informato. Al Senato la legge fu approvata, sia pure cancellando la quota fissa del 20% delle multe da destinare alla mobilità ciclistica: si lasciava ad ogni comune la libertà di destinare la parte che ritenevano opportuna. La cosa comica ed amara fu la notizia che a cancellare la norma era stato un emendamento di un senatore veneto responsabile delle città ciclabili. Questo principio, destinare una quota delle multe alla mobilità ciclistica ed agli utenti deboli della strada, fu inserito poi, con una battaglia politica vincente, nel codice della strada. [
Art. 208 codice della strada ndr]
La legge fu approvata al senato poche ore prima della caduta del governo Prodi. Io ero in aula, vicino al banco del governo, poco prima della votazione che decretò la fine del governo dell’Ulivo quando mi giunse la buona notizia. Non riuscii a festeggiare: dopo pochi minuti cadeva il governo. La legge fu finanziata, se pur non adeguatamente, dai governi di centrosinistra e il ministero produsse un regolamento sulle piste ciclabili. Ovviamente la legge non parla solo di piste, ma di percorsi e di mobilità ciclabile e di uso integrato di bici e mezzi di trasporto collettivi. Il governo di
Berlusconi non finanziò più la legge. Il secondo governo
Prodi, la riprese in mano se pur con la resistenza del ministro Di Pietro. Al di là delle apparenze e del buon senso è difficile far approvare una legge di iniziativa parlamentare: esserci riuscito, grazie alle energie concentrate da molti verso quell’obiettivo, mi ha riempito di gioia. Se la mobilità ciclistica in questi anni ha trovato strumenti per crescere, un po’ di merito sta anche in quella legge quadro che, a mio parere, ha dato e può dare ancora il suo contributo per farci definire, anche sotto questo profilo, un Paese europeo. Paolo Galletti
Anch’io, come protagonista FIAB (ero Presidente Fiab nel 1994-95) mi ricordo di Paolo e lo saluto.
Tutta la storia, per chi vuole, dopo anni è ancora qui (pagine vecchiotte ma mai rimosse, giustamente): http://www.fiab-onlus.it/lex.htm
E’ anni che ne chiediamo, invano, il rifinanziamento.
Stefano Gerosa
webmaster e vice-Presidente Fiab
riprovo a mettere il link: http://www.fiab-onlus.it/lex.htm