Più sostegno alle due ruote di Vittorio Marletto
E’ partita oggi sul quotidiano il Domani di Bologna una rubrica quindicinale dedicata alla mobilità in bicicletta. Si chiama Cicloruzione – La rivoluzione si fa in bici e a inaugurarla è intervenuto il nostro Vittorio Marletto che, come sapete, da tempo segue i nessi esistenti tra il nostro mezzo di trasporto preferito e il clima.
Vi riproniamo qui l’articolo, anche a beneficio di chi ci segue da fuori Bologna.
Vi riproniamo qui l’articolo, anche a beneficio di chi ci segue da fuori Bologna.
Per ogni km percorso a motore acceso l’atmosfera si “arricchisce” di un paio d’etti di anidride carbonica. Questo valore medio comprende sia le emissioni dei motocicli che quelle delle auto: da quelle di piccola cilindrata (che comunque non emettono meno di 100 grammi di anidride carbonica per chilometro) fino a SUV come il Cayenne, un mostro che erutta quasi 400 g/km di CO2 in ciclo urbano. Contando che a Bologna – è una stima prudenziale tratta dall’ultimo Piano generale del traffico urbano – circolano almeno un milione di veicoli a motore ogni giorno lavorativo, percorrendo circa cinque milioni di km, abbiamo un’emissione complessiva di almeno mille tonnellate di gas serra, una massa superiore a quella dei rifiuti solidi urbani!
Per ogni km percorso in bicicletta invece le emissioni sono zero. Bastasse questa semplice considerazione a indurre i cittadini a mollare i motori e montare in sella avremmo risolto in un colpo solo un bel po’ di problemi. Invece si muove in bicicletta si e no il 7% dei bolognesi. Perché? Prima di affrontare questo difficile quesito dobbiamo comunque riflettere che almeno c’è un piccolo gruppo di persone che “vuole bene” a Bologna, che andrebbe premiato e indicato a modello dall’amministrazione, e a cui si dovrebbe guardare non come a un residuo del passato ma come un segnale del futuro.
Già, il futuro. Qui da noi nel nord Italia i cambiamenti climatici sono chiaramente cominciati: temperature altissime fin da maggio, estati come quella del 2003, che ha fatto migliaia di vittime in tutta Europa, siccità come quella del 2007, che ha lasciato a secco la diga di Ridracoli, nevicate in diminuzione drastica, ghiacciai alpini in rapido scioglimento… La stragrande maggioranza degli studiosi di clima è convinta che dietro a questi fenomeni ci sia la mano dell’uomo, che brucia sempre più combustibili fossili per produrre elettricità, per il riscaldamento, per la produzione di merci e per muoversi a motore.
Un quarto delle emissioni serra globali, ma il dato vale anche per l’Italia, è dovuto infatti ai trasporti. Si tratta di un comparto in crescita anche in Italia, vuoi per l’aumento esponenziale delle merci in circolazione, vuoi per il ricorso sempre maggiore all’aereo, anche per spostamenti che fino a pochi anni fa si facevano solo in treno, vuoi per l’abuso del motore in area urbana. I viali di circonvallazione di Bologna, per fare un esempio, sono un’autostrada a sei corsie completamente gratuita e quindi completamente occupata in permanenza da furgoni, automobili e motocicli.
Molti di quelli che si muovono in città stanno da soli in macchina o in moto e non fanno più di 3-5 km. Se solo provassero a usare la bicicletta scoprirebbero che è possibile usarla lasciando spenti i motori, ma scoprirebbero anche considerevoli difficoltà. Bologna infatti ha poche piste ciclabili (meno di 100 km a fronte dei 120 di Modena, che ha la metà degli abitanti) e ancor meno posteggi per le bici (mentre il centro storico è pieno di posti gratuiti per le moto, il che induce lo sconcertante ingresso di ben 50mila motocicli in Ztl ogni giorno, alla faccia della lotta all’inquinamento e al rumore). Bologna inoltre fa ancora troppo poco per favorire il mezzo pubblico (per esempio sui viali la circolare potrebbe… circolare molto più in fretta e passare più spesso se avesse una corsia riservata) e soprattutto non usa sul serio la leva economica per indurre i “motoristi” incalliti a lasciare a casa il mezzo. Una “congestion charge”, cioè un pedaggio, sui viali di circonvallazione non sarebbe impossibile da attuare e produrrebbe due effetti: la diminuzione drastica dei veicoli circolanti (Londra docet) e l’afflusso di denaro fresco nelle casse comunali (Londra docet di nuovo) da investirsi in mezzi di trasporto sostenibile, tra cui la bicicletta dovrebbe avere un posto preminente.
Oltre a potenziare la necessaria infrastruttura ciclabile, il comune dovrebbe anche comunicare ai cittadini l’urgenza di cambiare stile di vita (magari dando l’esempio, con un assessore al traffico o un sindaco che vadano in ufficio a pedali) attraverso un’adeguata e continua campagna di promozione, che abbia un impatto mediatico simile a quello delle pubblicità motoristiche: in l’Inghilterra, per promuovere la bici come mezzo di lotta al riscaldamento globale, il governo ha finanziato uno spot (www.cyclehero.com) mostrato in tutti i cinema e visto l’anno scorso da almeno 5 milioni di persone.
Insomma, per indurre un gran numero di persone a pedalare per Bologna, oltre che le piste e i servizi, servono una seria e decisa politica per il trasporto sostenibile e un contatto continuo con i cittadini, un tavolino a tre gambe che solo così potrà sostenere quella “cicloruzione” o rivoluzione ciclabile di cui la città e il clima hanno così tanto bisogno.
Già, il futuro. Qui da noi nel nord Italia i cambiamenti climatici sono chiaramente cominciati: temperature altissime fin da maggio, estati come quella del 2003, che ha fatto migliaia di vittime in tutta Europa, siccità come quella del 2007, che ha lasciato a secco la diga di Ridracoli, nevicate in diminuzione drastica, ghiacciai alpini in rapido scioglimento… La stragrande maggioranza degli studiosi di clima è convinta che dietro a questi fenomeni ci sia la mano dell’uomo, che brucia sempre più combustibili fossili per produrre elettricità, per il riscaldamento, per la produzione di merci e per muoversi a motore.
Un quarto delle emissioni serra globali, ma il dato vale anche per l’Italia, è dovuto infatti ai trasporti. Si tratta di un comparto in crescita anche in Italia, vuoi per l’aumento esponenziale delle merci in circolazione, vuoi per il ricorso sempre maggiore all’aereo, anche per spostamenti che fino a pochi anni fa si facevano solo in treno, vuoi per l’abuso del motore in area urbana. I viali di circonvallazione di Bologna, per fare un esempio, sono un’autostrada a sei corsie completamente gratuita e quindi completamente occupata in permanenza da furgoni, automobili e motocicli.
Molti di quelli che si muovono in città stanno da soli in macchina o in moto e non fanno più di 3-5 km. Se solo provassero a usare la bicicletta scoprirebbero che è possibile usarla lasciando spenti i motori, ma scoprirebbero anche considerevoli difficoltà. Bologna infatti ha poche piste ciclabili (meno di 100 km a fronte dei 120 di Modena, che ha la metà degli abitanti) e ancor meno posteggi per le bici (mentre il centro storico è pieno di posti gratuiti per le moto, il che induce lo sconcertante ingresso di ben 50mila motocicli in Ztl ogni giorno, alla faccia della lotta all’inquinamento e al rumore). Bologna inoltre fa ancora troppo poco per favorire il mezzo pubblico (per esempio sui viali la circolare potrebbe… circolare molto più in fretta e passare più spesso se avesse una corsia riservata) e soprattutto non usa sul serio la leva economica per indurre i “motoristi” incalliti a lasciare a casa il mezzo. Una “congestion charge”, cioè un pedaggio, sui viali di circonvallazione non sarebbe impossibile da attuare e produrrebbe due effetti: la diminuzione drastica dei veicoli circolanti (Londra docet) e l’afflusso di denaro fresco nelle casse comunali (Londra docet di nuovo) da investirsi in mezzi di trasporto sostenibile, tra cui la bicicletta dovrebbe avere un posto preminente.
Oltre a potenziare la necessaria infrastruttura ciclabile, il comune dovrebbe anche comunicare ai cittadini l’urgenza di cambiare stile di vita (magari dando l’esempio, con un assessore al traffico o un sindaco che vadano in ufficio a pedali) attraverso un’adeguata e continua campagna di promozione, che abbia un impatto mediatico simile a quello delle pubblicità motoristiche: in l’Inghilterra, per promuovere la bici come mezzo di lotta al riscaldamento globale, il governo ha finanziato uno spot (www.cyclehero.com) mostrato in tutti i cinema e visto l’anno scorso da almeno 5 milioni di persone.
Insomma, per indurre un gran numero di persone a pedalare per Bologna, oltre che le piste e i servizi, servono una seria e decisa politica per il trasporto sostenibile e un contatto continuo con i cittadini, un tavolino a tre gambe che solo così potrà sostenere quella “cicloruzione” o rivoluzione ciclabile di cui la città e il clima hanno così tanto bisogno.